Trupa Trupa

Headache review – PoloniCult

Un disco all’attivo, Headache, e un riconoscimento già internazionale per i Trupa Trupa, alfieri di un meltin’ pot tra sonorità anglosassoni e anima della perla del Baltico.

Il nome un po’ buffo e al contempo macabro che li rappresenta racconta solo fino a un certo punto la musica dei Trupa Trupa. Come accadeva per i Nagrobki, già noti ai lettori di PoloniCult, anche Trupa Trupaqui siamo di fronte a un ammiccamento al mondo funerario (“trup” in polacco vuol dire cadavere) che poco ha a che fare con giovanilismi dark o improbabili evocazioni al mondo del metal “classico”. Headache, prima e a oggi unica prova discografica dei Trupa Trupa, è un album molto maturo e raffinato, come le origini stesse della band raccontano.

Grzegorz Kwiatkowski, Wojciech Juchniewicz, Rafał Wojczal e Tomek Pawluczuk –i quattro giovani ragazzi originari di Danzica che compongono i Trupa Trupa- vengono infatti da una formazione musicale curiosa se rapportata a buona parte del sound che hanno creato in Headache. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di poterne parlare direttamente con Grzegorz, voce e autore dei testi dei Trupa Trupa, che ci ha spiegato così le provenienze musicali della band:

“Di sicuro la cosa che ci accomuna tutti è il grande amore per i Beatles, naturalmente ognuno di noi a suo modo. Io ad esempio non conoscevo praticamente nulla oltre i Beatles appunto e i Velvet Underground, se non il mondo della musica classica e in particolare Schubert. Wojtek, il nostro bassista, invece è un grande fan dei Fugazi e dei Sonic Youth e così via… Come band abbiamo cercato di portare dentro tutte le nostre esperienze e conoscenze musicali”.

Headache in effetti è un disco per il quale si può spendere la parola “eclettico” senza timore di esagerare. L’apertura con Snow gioca di dissonanze e distorsioni che ricordano in parte il sound dei Velvet Underground così cari a Grzegorz (omaggiati in modo più palese altrove come vedremo) ma anche quello di una pietra miliare del post-rock come Spiderland degli Slint.

Il concept dell’album, se ne esiste davvero uno, si muove comunque su toni cupi e malinconici in un modo che Kwiatkowski non stenta a definire “pessimista”. “Dopotutto” racconta “anche se il fatto di venire da Danzica non ci contraddistingue in modo significativo, siamo pur sempre la città del filosofo pessimista per eccellenza: Artur Schopenhauer”.

La cupezza dichiarata che fa da filo rosso di tutto l’album e della sua poetica non disdegna tuttavia concessioni a ritmi più vivaci come nel caso di Sky is falling, pezzo dinamico che è anche una dichiarazione d’amore ai ’70 della west coast americana e anche al Bowie dei tempi migliori.

Più dolce l’aria di Sacrifice che mantiene il tema a suo modo psichedelico e trasognante del disco su arie lente, aiutato da effetti da psichedelia classica e da un piacevole ritmo di ballata. Stesso tema mantenuto da Getting older che fa di un cantato più ripetuto e “paranoide” (ogni riferimento alla grande stagione dei Radiohead è voluto) la continuazione ideale di un tema in crescendo di altissima qualità e che è ancora solo l’antipasto del pezzo forte di questo gioiello firmato Trupa Trupa, costituito dall’accoppiata Give’em All e Wasteland. Getting older comunque, nel suo turbine di angoscia post-rock, merita un ascolto isolato a occhi chiusi.

Come detto Give’em all apre il cuore ferito e ispirato del disco, un lento procedere dai suoni sporchi e fruscianti che avrebbe inorgoglito Lou Reed e che porta alla combinazione probabilmente più felice tra tutte le tracce scritte dai Trupa Trupa: Wasteland dove Kwiatkowski e gli altri dimostrano di avere più che ben recepito la propria formazione fatta, per l’appunto, di Sonic Youth, Radiohead e Velvet Underground. Il pezzo è coinvolgente, onirico ed evocativo delle vastità sperdute di alienazione e incomunicabilità cantate da Kwiatkowski.

“Wasteland wasteland in my mouth/wasteland wasteland in my eyes/wasteland wasteland all I see/wasteland wasteland all I see”

Il disco continua armonioso, quasi avesse trovato in Wasteland la sua chiave definitiva e digrada dolcemente verso i suoi brani finali, compresa la notevolissima title-track Headache. La morbidezza avvolgente con cui si raccontano smarrimento e malinconia rende comunque l’ascolto complessivo di questo disco un’esperienza paragonabile all’ascolto dei maestri dello slow-core o dello shoegaze, una narrazione dolorosa quanto inevitabile, triste ma irresistibile, il fascino indiscreto del post-rock a cui una volta ceduto non si sfugge più.

Nella musica dei Trupa Trupa tutto questo è puntellato, e non è cosa da poco, dalla felice ispirazione lirica di Kwiatkowski che si definisce con orgoglio anche poeta: “sì, è così, penso che la possibilità di scrivere poesia appartenga a ogni epoca anche se troppo benessere e la mancanza di sofferenza non aiutano certo”. Se così fosse, caro Grzegorz, il mondo sembra proprio andare incontro ai poeti.

In attesa del nuovo album, “stiamo già scrivendo alcune nuove canzoni, contiamo di andare in registrazione entro la fine dell’anno e lanciare il disco nel 2017”, non ci resta che goderci questa possente opera prima e dire in giro senza timore di esagerare che i Trupa Trupa sono a oggi tra le voci migliori del rock polacco contemporaneo.

Salvatore Greco, www.polonicult.com

Headache review – PoloniCult